Frankenthings

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Attenzione: questo post è stato creato 2 mesi fa

Gli articoli di Cassandra Crossing sono sotto licenza CC BY-SA 4.0 | Cassandra Crossing è una rubrica creata da Marco Calamari col "nom de plume" di Cassandra, nata nel 2005.

Un vecchio articolo di Cassandra sull’IoT che ci sembra invecchiato particolarmente bene!

Questo articolo è stato scritto il 6 marzo 2019 da Cassandra

Frankenthings

Cassandra Crossing 435/ Frankenthings

Cosa temere davvero ai tempi dell’internet delle cose

Pochi giorni or sono Agenda Digitale ha pubblicato “Mi arrendo? Una storia ai tempi dell’internet delle cose”, un racconto “digitale” di Edoardo Fleischner su una futura “prevaricazione” nei confronti del proprietario da parte di oggetti intelligenti in combutta tra loro.

Per quanto godibile e ben scritto, il racconto suggerisce che il pericolo futuro dell’Internet delle Cose sia lo stesso del mostro di Frankenstein, la creatura che si ribella al suo creatore, mito ripetuto con infinite variazioni in tantissime opere della letteratura fantascientifica.

Se preso alla lettera, magari in maniera inconscia, questo non sarebbe un buon “suggerimento” nei confronti del lettore.

Insomma, un pezzo godibile ma un cattivo servizio per chi ritenesse realistica la sua impostazione di fondo.

Già nel 2014, come ben esposto nell’articolo di Wired “Why Tech’s Best Minds Are Very Worried About the Internet of Things”, le preoccupazioni degli addetti ai lavori per l’IoT erano piuttosto la sicurezza informatica delle reti a cui gli oggetti si connettevano e la privacy dei loro possessori.

Infatti, il pericolo maggiore dell’IoT, confermato dalle ultime novità sfornate dal settore, non è ovviamente quello di una IoT di “Frankenthings” che schiavizzano il loro proprietario/creatore, ma esattamente il contrario.

Il pericolo maggiore è quello di oggetti simili a parassiti, piccoli, striscianti, invisibili e che sussurrano tra di loro e con l’esterno, oggetti quasi impercettibili, insomma “ubiqui” come Mark Weiser già nel 1991 aveva “profetizzato” parlando di “computer che scomparivano nel tessuto della realtà quotidiana”.

Anzi, chi ha buona memoria ricorderà forse che Weiser aveva anche parlato di “calm technologies”, “tecnologie tranquille” che fanno il loro lavoro arrecando il minimo disturbo, possibilmente nessuno.

Tecnologie invisibili, insomma, che possono anche essere usate da altri senza la percezione degli utenti.

Volendo proseguire nel parallelo con la letteratura fantascientifica ed horror, l’IoT del futuro potrebbe essere più simile alle forze oscure evocate in “Colui che sussurrava nel buio” di H. P. Lovercraft.

“Forze oscure” che non proverrebbero da dimensioni parallele e da tempi antichissimi, ma piuttosto dal cyberspazio e dalle spinte economiche; dal “capitalismo della sorveglianza” e dal “capitalismo dei dati” che sono e saranno le forze guida dell’IoT, con buona pace degli ottimisti di turno, ed una ben magra soddisfazione dei paranoici virtuosi e profetici.

Marco Calamari

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